È online la terza edizione del “White Paper” di Repower, rapporto sullo stato della mobilità elettrica in Italia e nel mondo. Quali sono gli scenari futuri? Quando si affermerà davvero la mobilità sostenibile nel nostro Paese? Lo raccontiamo in 4 Q&A su “Scenari e modelli”, la seconda sezione del White Paper.
Quando si vedrà l’impatto della mobilità elettrica in Italia?
Nel 2025 circa. Oltre ai veicoli, però, bisogna considerare anche la distribuzione delle colonnine di ricarica in tutto il Paese, la velocità della ricarica, l’offerta pubblica e quella privata. Il Politecnico di Milano ipotizza diversi scenari: al 2030 sono previste da un minimo di 28.000 a un massimo di 48.000 colonnine pubbliche, cui si aggiungeranno quelle private (tra 1,4 milioni e 6,8 milioni). Ora il gap italiano in termini di punti di ricarica pubblici rispetto ai primi tre mercati europei - Germania, Francia, UK - è tra il 10 e il 20%. Il 50% circa si trova nelle città e per il 63% al Nord. Solo il 5% è su territorio extraurbano.
Quali sono i modelli di business del settore?
In Europa si sta ancora sperimentando l’uso di approcci diversi, a seconda della presenza di operatori pubblici/privati, e del ruolo dei contractors che installano l’infrastruttura di ricarica. In Italia, l’80% delle installazioni di ricarica vede una utility come unico operatore a gestire l’infrastruttura. Ognuno dei modelli di business ha punti di forza e debolezza che nel breve periodo peseranno rispetto alla loro affermazione nei diversi mercati: ad esempio, contare su un operatore tecnico specializzato per la gestione della rete è un vantaggio, in termini di servizio offerto e di remunerazione dell’impresa.
Passare all’elettrico conviene?
La Legge di Bilancio 2019, oltre a istituire un sistema di incentivi e di ecotasse studiate per sostenere il ricambio del parco auto circolante, prevede detrazioni fiscali fino al 50% sulle spese sostenute (non superiori a 3.000 euro) per l’acquisto e la messa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica. Gli incentivi statali sono poi rafforzati dalle offerte delle concessionarie e da iniziative locali, a livello comunale e/o regionale.
Incentivi sì o no?
Gli incentivi sono strumenti d’impatto, che aiutano a traghettare la cultura e il business di un paese verso la mobilità sostenibile. Ma non possono essere l’unico mezzo, come prova il caso della Danimarca, dove le vendite di auto elettriche sono diminuite a fronte di una riduzione degli incentivi. E in Italia? Nel nostro Paese sono soprattutto aziende ed enti pubblici a poter acquistare un parco elettrico. Sicuramente è essenziale far leva sullo sviluppo dell’infrastruttura pubblica, ma anche rafforzare l’impegno per la costruzione di una rete privata. E i produttori di automobili devono fare la loro parte.
Nelle prossime settimane, Homo Mobilis dedicherà al White Paper altri articoli di approfondimento su ogni sezione. Qui il rapporto completo.
28 maggio 2019