Dietro il motore di un’auto elettrica ci sono materie prime necessarie per costruire componenti elettronici e batterie, aspetti che hanno forti implicazioni anche a livello occupazionale. Perché i temi della mobilità sostenibile s’intersecano con quelli dellala transizione energetica.
Il White Paper di Repower, “Mobilità sostenibile e i veicoli elettrici”, nel secondo capitolo “La mobilità sostenibile nell’era della transizione energetica” prova a far chiarezza su queste connessioni. Ecco tre parole chiave per un settore in transizione:
Semiconduttori – La guerra in Ucraina ha acceso i riflettori sull’approvvigionamento di materie prime per il settore della nuova mobilità, come il neon che serve per i semiconduttori usati per far funzionare i componenti elettronici delle auto elettriche. I veicoli elettrici richiedono una maggiore presenza di semiconduttori: in un motore elettrico ci sono in media 2,3 volte più semiconduttori che in uno a scoppio. Proprio per diminuire la dipendenza da Paesi terzi (Cina e Taiwan su tutti) per la fornitura di questi componenti, l’Unione Europea ha varato lo European Chips Act, per rafforzare l’industria europea, diminuire la dipendenza da altri Paesi e diversificare le fonti di approvvigionamento.
Batterie – Litio, cobalto e nichel sono le “parole magiche” della mobilità elettrica, perché indispensabili per la produzione delle batterie. Nichel e cobalto si possono recuperare dalle vecchie batterie, ma non è così per il litio (proveniente soprattutto da Cile, Argentina, Cina), per cui si stanno cercando delle soluzioni innovative per il riciclo. Due esempi su tutti: in Italia, Cobat, piattaforma di servizi per l’economia circolare, ha un brevetto europeo per il trattamento di batterie, con l’uso di un processo chimico che massimizza il recupero del litio. Recycling 4.0, progetto europeo che combina tecnologie dell’industria 4.0 e principi dell’economia circolare, si concentra sul ciclo di vita delle batterie agli ioni di litio per condividere dati e informazioni al fine di renderne più efficiente e sostenibile il riciclo.
Occupazione – In Italia, secondo le associazioni industriali, con il passaggio alla mobilità elettrica si rischiano di perdere 70mila posti di lavoro entro il 2030. Ma l’impatto potrebbe essere meno traumatico di quanto si pensi. Secondo uno studio di Boston Consulting Group e del think tank Agora Verkehrswende sull’industria automobilistica tedesca, il passaggio alla mobilità elettrica potrebbe portare a un aumento occupazionale: fino a 205.000 nuovi posti di lavoro contro i circa 180.000 che andrebbero persi nelle aziende legate ai motori a combustione. E anche l’industria del riciclo legato alla componentistica delle auto elettriche potrebbe portare ulteriori sviluppi occupazionali.
Per approfondire non perdete il secondo capitolo del nuovo White Paper di Repower: lo trovate qui.
19 aprile 2022