Designer, umanista, responsabile del Meta Lab di Harvard e docente di Lingue e Letterature Romane Comparate all’università statunitense: è Jeffrey Schnapp, “Chief Visionary Officer” di Piaggio Fast Forward, società del gruppo Piaggio specializzata nello sviluppo di piattaforme di mobilità leggera e soluzioni innovative per la movimentazione di persone e merci.

Lo abbiamo incontrato in occasione del suo intervento a Milano per il ciclo di incontri Around Mobility organizzati da MEET e Fondazione Bassetti in partnership con Repower. Un viaggio affascinante nella “Movability”, la nuova era della mobilità secondo Schnapp.

 

Cosa si intende per “Movability”?

Ho trovato questo termine negli archivi Piaggio: risale ai tempi in cui si stava ripensando la cultura della mobilità leggera, a cui ha dato poi inizio la Vespa. Può essere la cifra del nostro nuovo modo di muoverci nelle città del XXI secolo. L’attore principale non sarà più l’auto, che diventerà invece un vettore tra tanti, dalla micromobilità ai treni ad altissima velocità, fino al modo più semplice di muoversi: camminare.

 

Quali sono i principali trend sulla mobilità del prossimo futuro? 

Quelli meno prevedibili dieci anni fa: su tutti, la micromobilità, a partire dai monopattini che stanno invadendo anche centri urbani come Los Angeles, città dell’auto per eccellenza, o dalla rinascita della bicicletta. In generale, stiamo andando verso un mondo dove l’auto perde la sua centralità: uno dei maggiori trend è la riappropriazione delle città da parte dei pedoni. L’utopia per il futuro è che il cittadino da passeggero torni ad essere camminatore, anche grazie alla tecnologia.  

 

Come si inserisce la mobilità elettrica in questo contesto?

É fondamentale per il passaggio all’era della Movability, sia a livello urbano che extra urbano grazie ai nuovi interessanti sviluppi anche per quanto riguarda la ricarica delle batterie.

 

Da “umanista digitale”, il suo è un approccio ottimista e “human-centered”: come si concilia il nuovo umanesimo con intelligenza artificiale e robotica?

Non sono le tecnologie a dover dare risposte: le tecnologie sono solo strumenti, a far la differenza è il modo in cui le usiamo. E vanno viste anche criticamente. Quindi ci deve far paura non la tecnologia, ma l’applicazione stupida e strumentale degli strumenti tecnologici.

 

Siamo di fronte a una nuova era delle città: sempre più importanti e smart. Quale ruolo per l’Italia in questo contesto? 

La ricchezza storica e culturale dell’Italia è un grande valore aggiunto: vista la struttura urbanistica dei suoi centri, l’Italia può essere una grande palestra per ripensare la mobilità in modo innovativo.

 

Mobilità, innovazione e società: tre ambiti sempre più interdipendenti, come vedi questo rapporto?

È un rapporto sempre più diretto. La mobilità non è una sfera in cui le soluzioni tecniche possano vivere per conto proprio, perché tocca i valori più profondi della nostra società e del senso di comunità. Per questo la Movability è una sorta di visione di società ideale che vogliamo costruire, dove l’auto non è più il veicolo perfetto. Questa dimensione rappresenta un grande spazio di innovazione.