settembre 2022
È senz’altro Atlantide la prima parola che viene in mente se si parla di “città sommerse”. Quella della mitica città (e civiltà) perduta, sprofondata nell’arco di un giorno e di una notte, è una delle leggende più affascinanti della cultura occidentale. Ma le città sommerse esistono davvero: insediamenti sorti in prossimità della costa e distrutti in seguito a eventi catastrofici come eruzioni vulcaniche, inondazioni o terremoti. Mete di spedizioni archeologiche e di escursioni turistiche, sono diverse le città che si sono inabissate, situate a diverse latitudini. Da Heracleion in Egitto a Pavlopetri in Grecia, fino ai resti di Baia nel Golfo di Napoli, questi luoghi sono immancabilmente dotati di un irresistibile fascino.
Ma parlare di città sommerse, oggi significa soprattutto confrontarsi con i rischi che corrono alcune città. Una prospettiva tutt’altro che affascinante. Le conseguenze dell’innalzamento del livello dei mari e le inondazioni stanno rendendo quella di sprofondare una possibilità per diverse città a livello globale. A scatenare questi fenomeni, come sempre, è il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, oltre alle deforestazioni. In sintesi, gli interventi troppo aggressivi dell’uomo sull’ambiente.
Un esempio particolarmente significativo è quello di Giacarta, capitale dell’Indonesia, una megalopoli di circa 11 milioni di abitanti. Il governo indonesiano ha infatti annunciato che la capitale potrebbe essere spostata da Giacarta a una nuova città da costruire entro il 2024, operazione che comporterebbe un investimento di circa 32 miliardi di dollari. Il tutto per alleviare la pressione su Giacarta, città particolarmente inquinata e instabile, tanto che alcuni suoi quartieri registrano cedimenti del terreno anche di 25 centimetri l’anno. Attualmente, inoltre, più del 40% del territorio cittadino è al di sotto del livello del mare. Una situazione che si è determinata perché il terreno di quest’area è paludoso e non adatto a ospitare grandi città. Una soluzione naturale sarebbe quella di ripristinare le foreste di mangrovie, piante dalle lunghissime radici immerse nell’acqua in grado di compattare il terreno. Il disboscamento delle mangrovie è stato infatti uno dei fattori che ha peggiorato le condizioni del terreno dell’isola di Giava.
Ma il rischio di sprofondare non riguarda soltanto città “lontane” nel tempo e nello spazio, ma anche realtà a noi decisamente più prossime. Come Amsterdam, che secondo Climate Central potrebbe scomparire entro il 2050. O Venezia, forse il simbolo della città che nasce e vive in simbiosi con l’elemento acqua. In generale, il mondo dovrà sempre più fare i conti con l’innalzamento delle acque. A essere determinante sarà il modo in cui saprà confrontarsi con questa prospettiva potenzialmente catastrofica per evitarla e virare verso un sistema urbano sostenibile.