marzo 2023

 

In un mondo che sta rapidamente tornando al lavoro e in generale alle attività in presenza, senza rinunciare all’obiettivo della transizione energetica, gli spostamenti – in particolare quelli fra casa e lavoro – diventano una questione fondamentale.

 

In questo contesto, è diventata un’esigenza di molte aziende quella di rendere più sostenibili gli spostamenti casa-lavoro. Per soddisfarla, la figura designata è quella del mobility manager, una professione individuata per la prima volta nell’ambito del protocollo di Kyoto, che compare in Italia nel 1998 all’interno di un decreto che, con una certa lungimiranza, aveva come oggetto la mobilità sostenibile. Il mobility manager è una figura strategica, prevista anche nelle strutture pubbliche, che ha il compito di gestire e ottimizzare gli spostamenti dei lavoratori, promuovendo le soluzioni più sostenibili, in grado di diminuire la congestione stradale e di ridurre le emissioni.

 

All’epoca, questa figura era indicata per le strutture aziendali molto grandi, con oltre 300 dipendenti. Negli anni, però, alleggerire l’impatto ambientale della mobilità è diventata un’istanza più diffusa e capillare, tant’è che il recente Decreto Rilancio prevede che sia indicato un mobility manager nelle imprese a partire da 100 dipendenti localizzate in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia o comunque in un Comune con popolazione superiore a 50mila abitanti.

 

E se le realtà economiche più piccole non hanno obblighi in questo senso, tuttavia anche le PMI sono coinvolte e incentivate a rendere più sostenibile il tema dei trasporti per i dipendenti, ma anche per i loro clienti. Non a caso, sono stati emanati diversi bandi che hanno messo a disposizione contributi per l’istallazione di infrastrutture di ricarica. Dotarsi di soluzioni in grado di facilitare e promuovere una mobilità etica e sostenibile è sicuramente un comportamento responsabile, che spesso si rivela anche un buon investimento.